Tra i cambiamenti biologici età-correlati nell’uomo, grande rilevanza riveste il fisiologico calo dei livelli circolanti di testosterone, pari a circa l’1% all’anno a partire dai 40 anni di età. In una percentuale non trascurabile di uomini questa riduzione porta ad una carenza patologica di testosterone circolante, ossia ad una condizione di vero e proprio ipogonadismo, che si manifesta in particolare con sintomi legati alla sfera sessuale (calo del desiderio e disfunzione erettile) ma anche con astenia, riduzione della forza fisica, del tono dell’umore e della capacità di concentrazione. Il termine “andropausa” definiva, alcuni decenni fa, questa condizione che è stata successivamente rinominata “ipogonadismo a insorgenza tardiva” e – più recentemente – “ipogonadismo funzionale”. Tale definizione presume l’esclusione di cause organiche, congenite o acquisite, di disfunzione dell’asse gonadico. A differenza dell’ipogonadismo “classico”, l’ipogonadismo funzionale presenta manifestazioni cliniche più sfumate e spesso sovrapponibili a quelle di altre condizioni patologiche (tra cui la depressione) o agli effetti dell’invecchiamento. Le linee guida internazionali più recenti sottolineano il ruolo centrale dei sintomi sessuali nella diagnosi di ipogonadismo funzionale età-correlato e forniscono indicazioni precise sull’opportunità e sulle modalità di trattamento ormonale.
I maschi over 50 sono quelli nati negli anni ‘70, segnati dai tumulti e dalle contestazioni del ‘68 di giovani donne e giovani uomini, nati da una femmina prima e da una donna poi che, piano, piano, si stava liberando dall’obbligo del matrimonio, della gravidanza, della dipendenza economica e psicologica dal maschio, prima padre e poi compagno, a volte coniuge, a volte no.
Nel frattempo Luigi Zoja nel 2000 e, in seguito, Massimo Recalcati nel 2011 e 2013 ci mettono a conoscenza della rarefazione od evaporazione del padre. Questi uomini, quando sono padri, ora 50-enni con figli pressappoco adolescenti, perché anche l’età in cui si diventa padri si è spostata in avanti, sono guardati dai loro figli non più come si guardava un padre, temendolo, ma ora, affettuosamente, come un compagno di giochi, quasi un proprio peluche.
“Me lo compri papà!“ cantava Gianni Morandi qualche anno fa: si è passati da un padre a cui non si osava chiedere a un padre che dà senza chiedere. Un padre che, spesso, risponde al soddisfacimento di un proprio bisogno narcisistico, quando non ad un senso di colpa, e, a seguire, ad un meccanismo compensativo/riparativo per aver messo al mondo un figlio a cui non si riesce a dare una “famiglia” in una sola casa, ma un figlio, in età evolutiva, con la valigia in mano con cui si condivide un weekend e qualche vacanza.
Il passaggio dalla cultura patriarcale alla cultura affettiva, spesso inverte i ruoli e se negli anni 70 era nota l’immagine del retro di due figure umane abbracciate, non lasciando intendere minimamente il genere di appartenenza, ora padre e figlio sono spesso fratria, complici, e le situazioni si complicano ancora di più quando la coppia genitoriale si separa e se le collusioni sono spesso inevitabili, le collisioni sono quasi sempre certe.
Grey Divorce, il divorzio degli ultra sessantenni, ci si separa per curarsi di se’ e non dell’altro , a volte malato nel corpo o nell’anima, è la recente conferma data dai recenti dati ISTAT.
Spesso i figli o rimangono a casa dei genitori ad oltranza e la coppia rimane assieme per i figli, ma quando sono i figli a volersene andare?
In un’epoca in cui Pietropolli Charmet scrive in un suo libro del 2019 che “Le ragazze sono cambiate”, che si fanno belle per sé, che non vogliono fidanzarsi, come ne esce un maschio che chiede ad una “pillola blu” il piacere sessuale?
L’uomo stereotipato del noto slogan pubblicitario “… che non deve chiedere mai …”, ora chiede e, nel chiedere controlla, vigila, compromettendo così il suo piacere. Ecco che, sempre di più, ci spostiamo da normali problemi disfunzionali dell’orgasmo, cosiddetti precoci, a disfunzioni, sempre dell’orgasmo, ma ritardate o impossibili, dove la parola di uso comune, che poi diventa “addiction”, è la pornografia 2.0 o 4.0. Il maschio chiede la pillola magica del piacere, quando non la protesi, per non doversi cimentare con le proprie defaillances, soprattutto nella relazione di coppia, ad espressione del suo timore di deludere un femminile che non conosce.
Il “saper essere se stessi” lascia il posto al sapere fare, al “tutorial”, per non deludere l’altro e se stessi e, di conseguenza, non essere più capaci di elaborare la frustrazione del non ricevuto applauso, il resto, a volte è ancora ahimè riportato nella “cronaca nera giornalistica”.

Dr. Vilma Duretto
Psicologa, Pedagogista, Sessuologa Clinica, Sessoanalista
CTU e Perito Tribunale di Torino

Prof. Fabio Lanfranco
Endocrinologo, Andrologo
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